Come abbinare i colori: intervista a Carla Bordini sulla Teoria del Colore
Sei appassionat* di teoria del colore?! Ma nello specifico come si fa ad abbinare i colori e perchè è importante acquisirne le basi in un’accademia di moda?
Per tutti gli appassionati di colore, in questo articolo risponderemo a tantissime domande tra cui come abbinare i colori, quali sono i colori che stanno bene insieme, come capire se i colori si abbinano e quali colori non si abbinano.
Iniziamo!
Riprendiamo le interviste ai docenti professionisti dell’accademia di moda a Milano e in questo articolo approfondiamo il tema della Teoria del Colore e di come abbinare i colori. Lo facciamo insieme a Carla Bordini Bellandi, consulente ed ex dirigente d’azienda, nonché insegnante di alta formazione presso IFDA – Italian Fashion and Design Academy – per le materie “Teoria del Colore” e “Moda Sostenibile”.
Se te la sei persa, leggi la sua intervista riguardo una tematica molto complessa, la Moda Sostenibile.
Cosa significa per te “teoria del colore”? Quali sono i principi fondamentali su cui si basa?
Le teorie formulate da scienziati, studiosi e filosofi – spesso contrastanti e al tempo stesso complementari fra loro – sono la base su cui fonda la nostra conoscenza sul colore. Per capirlo, e lavorare con esso, è necessario comprenderne la funzione, i significati, il valore simbolico e semiotico…
Come si fa ad abbinare i colori in qualunque ambito creativo?
I colori si abbinano in modo interessante quando la creatività dell’operatore si basa sulla competenza. L’improvvisazione, nell’abbinare i colori, non esiste e la predisposizione è un falso mito: si può avere gusto da vendere ma, per capire e sfruttare a fondo le potenzialità del colore, è necessario addentrarsi nello studio di tematiche specifiche e affascinanti, familiarizzando innanzitutto con i suoi attributi percettivi, passando poi per lo studio delle combinazioni e dei contrasti: un contrasto si esprime nella diversità; a seconda delle caratteristiche, questi possono apparire o nascondersi, sottolineare, ingannare. Il potere narrativo del colore è infinito, l’importante è imparare ad usarlo.
Che differenza c’è tra la cultura e lo studio del colore e l’Armocromia?
Un abisso: per cominciare, il primo è un approccio scientifico basato sulla cultura del colore, sullo studio di tematiche diverse, tutte estremamente utili per conoscere, valutare, progettare il colore: lo studente sarà in grado di spaziare all’interno delle enormi potenzialità che il colore propone. L’armocromia è un sistema di accostamenti ideato essenzialmente per la moda. Le sue basi non sono scientifiche, benché qualcuno affermi il contrario. Non intendo demonizzarla ma è sbagliato attribuirle maggior valore rispetto a quello che ha: è un gioco divertente – pare che mediamente donne e ragazze ne siano affascinate – che ci impone abbinamenti predeterminati a volte piacevoli e azzeccati, stabiliti a seconda del colore della pelle, combinati a priori con colori classificati mediante riferimento alle quattro stagioni.
Il mio suggerimento a giovani designer e stylist è di applicarsi con costanza allo studio del colore, di approfondire, di appassionarsi ai numerosissimi stimoli che esso offre ed imparare a progettarlo con la libertà creativa che solo la competenza mette a disposizione, ben oltre i confini angusti dell’armocromia.
Quali sono i colori principali e quelli complementari? Infine, quali sono gli abbinamenti di colore che dovrebbero essere evitati?
Si dicono complementari i colori i cui pigmenti, se mescolati fra loro, danno origine a un grigio scuro e dalle cui luci, se sovrapposte, ha origine la luce bianca. Ad ogni colore corrisponde un proprio complementare: le due tinte si trovano una di fronte all’altra sulla ruota dei colori, in posizione diametralmente opposta; queste hanno la caratteristica di valorizzarsi a vicenda, di moltiplicare la propria forza cromatica quando le si colloca una vicina all’altra, nello stesso contesto. Conoscere la teoria del colore significa saper usare strumenti efficaci come questo, capaci di rendere unico e particolare il proprio lavoro. È bene non dimenticare che solo conoscendo le regole saremo in grado di trasgredirle se occorre, dando vita a un lavoro consapevole e efficace.
Non esistono, a priori, abbinamenti da evitare. A seconda dell’obiettivo che ci prefiggiamo, prediligeremo o eviteremo combinazioni non adeguate al risultato che desideriamo ottenere. È utile tenere conto del fatto che è ben diverso lavorare per un singolo cliente in cerca dei colori adatti a valorizzarne la personalità e lo stile, o per un marchio fashion che si rivolge a un target specifico per età e caratteristiche, ma che deve “funzionare” su tipi fisici eterogenei.
Cos’è la ruota dei colori e a cosa serve?
La ruota dei colori, o cerchio cromatico, è uno strumento prezioso per chi lavora con il colore. Aiuta a comprendere le relazioni che intercorrono fra i colori stessi e, di conseguenza, a creare palette che tengano conto di questi rapporti. Il colore non lo si immagina facilmente, è necessario averlo davanti agli occhi per riuscire a gestirlo con professionalità.
Quali sono i criteri per scegliere i colori giusti e come abbinare i colori?
Stabilito cosa si intenda – non esistono colori giusti o sbagliati a prescindere, bensì colori adeguati a quello ci siamo prefissi di realizzare – la progettazione cromatica passa attraverso fasi diverse: la definizione dell’obiettivo, l’ispirazione, l’estrapolazione dei colori, la loro elaborazione, la vera e propria creazione della gamma cromatica. Durante questo percorso, è necessario tenere conto di variabili determinanti, quali i parametri relativi al cliente target a cui desideriamo rivolgerci, come per esempio l’età, l’appartenenza a gruppi sociali, gli stili di vita… D’altro canto, poi, riveste uguale importanza lo stile che l’azienda o il marchio vuole imprimere alla collezione stessa. Nello studio del colore entrano in gioco la simbologia e le associazioni attribuite ai singoli colori, senza contare – poi – il ricorso alla sinestesia e alle figure retoriche cromatiche. Anche l’armonia delle proporzioni è fondamentale, nel processo di composizione.
Da dove nasce la tua passione per il colore e il tuo desiderio di specializzarti in questo campo professionale?
Interessata all’arte e al colore fin da bambina, è stato naturale – nella vita – dedicarmi a professioni delle quali il tema colore fosse parte integrante. Dopo un passato da dirigente in ambito tessile/moda, ho deciso di perfezionare ulteriormente le mie competenze sul colore, dedicandomi poi a tempo pieno all’insegnamento e alla divulgazione, parallelamente a un’attività di consulenza, che mi mantiene legata al mercato e alle sue realtà in continua evoluzione.
Come nascono le tendenze di colore in ambito moda, design etc?
Da un’analisi metodica del passato e del presente ha origine la visione sul futuro: saper “leggere” lo spirito del tempo è fondamentale, per chi lavora nel fashion. Dall’attualità alle nuove abitudini, dall’arte, al cinema, alla cultura: contenuti ed eventi che costellano la nostra esistenza contribuiscono a definire le variazioni nelle nostre scelte cromatiche; questi segnali vengono puntualmente colti dall’analista esperto. Oggi però, in tutta onestà, percepisco la crescente necessità, da parte dei creativi, di accedere ad una varietà di elementi di ispirazione cromatica da elaborare, più che di adeguarsi ai colori suggeriti per la stagione: la propensione all’unicità, il desiderio di essere particolari e diversi è preponderante.
Chi sono i professionisti che ruotano attorno alla teoria dei colori e che ci lavorano a stretto contatto?
Tutti i creativi, i tecnici, coloro che lavorano con il colore nella moda e nella comunicazione della moda devono conoscere e padroneggiare la teoria, se vogliono essere in grado di assolvere al proprio compito con soddisfazione di tutti.
Quali sono i brand di moda che hanno fatto del colore la loro firma?
Il colore o la sua mancanza sono stati fondamentali per molti: da Chanel a Schiaparelli e Lanvin nel passato, passando poi per Valentino, Armani, Biagiotti, Hermes, senza citare, poi, i minimalisti giapponesi e olandesi, oltre a Martin Margiela:
“Il nero non è soltanto un colore, è un’intera palette”
affermava Rei Kawakubo.
Oggi penso a Jacquemus e, ancora, a Valentino.
Quanto influenza studiare le tendenze moda con la teoria di abbinare i colori?
Conoscere il colore, le sue prerogative e l’influenza che esso ha su di noi aiuta il professionista a “leggere” e utilizzare le tendenze con l’obiettività necessaria; la competenza funge da filtro, permette di valutare e di scegliere i colori con cognizione, perché non è mai opportuno seguire passivamente, senza spirito critico, le indicazioni, benché provenienti da rinomati professionisti: i colori suggeriti vanno considerati, mediati e inseriti nel contesto della collezione su cui si sta lavorando tenendo conto delle particolarità del proprio prodotto, del target dei clienti e di una serie di altre variabili specifiche e, ovviamente, avendo dimestichezza con le funzioni e le caratteristiche del colore. Cambiando punto di osservazione, il risultato dell’analisi delle tendenze cromatiche è ininfluente sullo studio del colore; è però utile a tutti coloro che lavorano nel sistema moda tenersi aggiornati sulle dinamiche dei trend, che spesso riflettono una predisposizione del mercato ad evolversi in una certa direzione.
Come si può trasmettere il know how di questa materia e di come abbinare i colori agli studenti che aspirano a lavorare nel campo della moda?
Insegnando loro la teoria e fornendo le opportunità di esercizio e sperimentazione, per imparare ad applicarla. Suggerisco agli studenti di essere costanti e curiosi, interessati ad osservare e ad approfondire: il colore, quando si comincia a conoscerlo, può diventare una vera passione.
Perché è fondamentale avere delle basi solide di teoria del colore prima di specializzarsi in fashion design o fashion styling di moda? Che valore aggiunto portano gli studenti diplomati quando entrano nel mondo del lavoro?
Non uso mezzi termini: a fashion designer o fashion stylist inesperti sul colore manca uno strumento essenziale per svolgere il proprio lavoro. Anche per questo è necessario impegnarsi a fondo nello studio del colore, consapevoli di quanto sia necessario saperlo usare con competenza. Un diplomato capace di gestire il colore rappresenta una risorsa importante per chi lo assumerà perché formare il personale non sufficientemente preparato in azienda è costoso e richiede tempi troppo lunghi.
Qual è il ricordo più bello e soddisfacente dei tuoi anni di docenza di teoria del colore nelle classi di moda?
In realtà, provo grande soddisfazione ogni volta che vedo affiorare negli studenti, dopo gli inevitabili sforzi iniziali, il desiderio di capire e sperimentare il colore al di là dei preconcetti, superando le barriere imposte da regole che all’inizio paiono insormontabili: solo in quel momento inizia il percorso di reale apprendimento e, nel tempo, la capacità di esprimersi attraverso l’uso del colore.
Quante opportunità di lavoro per i nostri giovani diplomati ci sono in questo settore?
Tutte quelle disponibili: non credo ce ne sia alcuna, oggi, per i non diplomati.
Perché uno studente non dovrebbe sottovalutare un corso in IFDA che propone tra le tante materie anche Teoria del Colore?
Perché la differenza fra diplomati con competenza nel colore e diplomati che non ne hanno è abissale: non ne assumerei uno senza.
Da docente e professionista in questo settore, quali consigli daresti per arrivare preparati alle tue lezioni e per superare l’esame con ottimi risultati?
Il primo consiglio è senz’altro quello di imparare a osservare: molto spesso vediamo, percepiamo senza soffermarci a considerare ciò che appare. Se osserviamo il colore che ci circonda, se cominciamo a notare come esso si esprime al variare della luce, come è stato usato nell’arte e nella moda, allora siamo sulla buona strada e cominciamo a farci domande costruttive. Il secondo suggerimento è quello di leggere, ma non le banalità che spesso appaiono sul web: scrivere di colore piace a tutti, ma pochi ne sono capaci. Ci sono testi molto utili e appassionanti, che indico durante la prima lezione del mio corso in IFDA. Nella moda è necessario saper parlare di colore senza apparire banali o impreparati; leggendo, possiamo farlo senza sforzo.
Ci racconti uno tra i progetti migliori sulla teoria del colore e su come abbinare i colori svolti in questi anni dagli studenti di moda?
Faccio fatica a identificare un progetto come il più bello o il più interessante: inizialmente i lavori degli studenti del corso fashion design o fashion styling sono elementari, benché per loro complicati da realizzare. Con la pratica e lo studio costante lo studente ci prende gusto, si appassiona e, da quel momento, comincia a trarne soddisfazione.
Per avere successo nel settore della moda, quali caratteristiche deve avere o sviluppare un* student*?
Essere versatile, preparato, brillante: non basta essere un buon tecnico; è necessario – della moda – conoscere la storia e l’attualità, essere interessato all’arte e alla fotografia, avere uno sguardo trasversale sul presente e sul passato per riuscire a catturare lo Zeitgeist, lo spirito del tempo. Guardiamoci attorno: chi ha e ha avuto peso in questo settore è un bravo interprete del proprio tempo; per saperli tradurre in creazioni da ricordare, un creativo deve conoscere le aspirazioni, le necessità, i sogni e i desideri delle persone. Lavorare nella moda significa vivere nel mondo e saperlo capire, ma al tempo stesso vuol dire avere l’abilità di materializzare in abiti, o in scenari adatti a valorizzarli, un pensiero creativo consistente.